Navogando nel web sono incappato in un sito che mi ha molto colpito nel riportare una visuale del mondo della pubblicità e della comunicazione degli anni '70, del quale vi riporto ciò che ho letto.
Anni '70
É questo il decennio nero della pubblicità, nessun giovane si avvicina a questa professione, simbolo dell'asservimento al potere, ai pochi che decidono, al consumismo e a ciò che esso produce. Tuttavia è questo il periodo oscuro che precede il "boom" degli Anni '80: ora l'impianto organizzativo si allarga, le grandi agenzie non detengono più il monopolio della comunicazione pubblicitaria. I tentativi di ridare dignità alla disciplina, come espressione di tendenze sociali, e non come sua fabbricatrice, o l'opinione di Pasolini, secondo cui la pubblicità era un termometro del mondo "basso", plebeo, privo di posizioni ideali che costituiva la società moderna, non ebbero fortuna.
In questo clima contestativo si devono collocare i tentativi di allontanare la pubblicità dal suo contesto consumistico: nasce la pubblicità informativa, che però si riduce ad anonima e scientifica esposizione dei dati riguardanti un prodotto, divenendo un flusso unidirezionale ed ignorando la funzione del ricevente: l'informazione pubblicitaria è scambio, è retorica e persuasione e, soprattutto, la sua anima è l'ideologia del consumo: la pubblicità informativa è un fiasco! Più attuabile è un'altra estensione della sfera pubblicitaria: la pubblicità sociale; essa "si basa sull'idea di affidare al pubblicitario un compito più vasto di quello abituale, coinvolgendolo in una comunicazione di comportamenti civici, segnalazioni di servizi, o per modificare o al contrario creare abitudini, ecc." (G.P. Ceserani). Un esempio di pubblicità sociale è la Pubblicità Progresso. Ceserani non si mostra molto convinto, però, della sua efficacia: questa pubblicità non offre alcun prodotto, non si crea un "patto" tra pubblicitario e ricevente, perciò non si otterranno i risultati di una comunicazione pubblicitaria vera e propria. Molto più ottimista al riguardo si dimostra Alberto Grifone, il quale, in un articolo del 30/11/2000 su "Italia Oggi", ritiene che la pubblicità, riuscendo ad anticipare i desideri dei consumatori, possa anche creare una sensibilità verso temi di interesse pubblico, ponendosi così al servizio dei governi e promuovendo, ad esempio, un'attenzione verso lo sviluppo sostenibile e il rispetto dell'ambiente.
Fonte: www-utenti.dsc.unibo.it/ ~zorzi/ig/anni70.html
![](http://photos1.blogger.com/blogger/7952/1764/320/sedia.jpg)
É questo il decennio nero della pubblicità, nessun giovane si avvicina a questa professione, simbolo dell'asservimento al potere, ai pochi che decidono, al consumismo e a ciò che esso produce. Tuttavia è questo il periodo oscuro che precede il "boom" degli Anni '80: ora l'impianto organizzativo si allarga, le grandi agenzie non detengono più il monopolio della comunicazione pubblicitaria. I tentativi di ridare dignità alla disciplina, come espressione di tendenze sociali, e non come sua fabbricatrice, o l'opinione di Pasolini, secondo cui la pubblicità era un termometro del mondo "basso", plebeo, privo di posizioni ideali che costituiva la società moderna, non ebbero fortuna.
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Fonte: www-utenti.dsc.unibo.it/ ~zorzi/ig/anni70.html
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