La pubblicità in Italia dal dopoguerra ad oggi

sabato 11 febbraio 2006 ·

Mentre nella seconda metà degli anni '60 imperversano sulla scena cantautori come Bindi, Tenco e Paoli, complessi pop come I Ribelli, l'Equipe 84, I Dik Dik e I Nomadi, band come New Trolls, Banco del Mutuo Soccorso, Osanna e Area; e mentre il cinema si arricchisce con La strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, I pugni in tasca di Marco Bellocchio, e i film di Marco Ferreri, Elio Petri e Francesco Rosi, sull'Italia atterra la minigonna di Mary Quant.

E' senz'altro l'inizio di un'epoca. Ma a questi stravolgimenti culturali resistono televisione e radio che, a causa di un sistema di gestione assai rigido, si ostinano a preservare i codici comportamentali tradizionali. Il risultato è che sesso, famiglia e religione sono argomenti tabù.Tuttavia, nei mezzi di comunicazione una piccola "crepa" si crea grazie alla pubblicità, la quale, capace di cogliere i mutamenti della società, passa dalla promozione di alcolici, detersivi e benzine a quella dei motori, dell'intimo femminile, dei profumi e dell'abbigliamento.

Ma solo agli inizi degli anni settanta irromperanno gli spot erotico/sessuali: la donna, da figura rappresentativa di mamma e casalinga degli inizi anni '60 diventa la casalinga/oggetto degli anni settanta.Così racconta il clima in Italia Daniele Pittèri (docente di Teoria e tecniche della comunicazione pubblicitaria all'Univeristà di Roma) nel capitolo "Corpi femminili e ammiccamenti erotici" del libro "La pubblicità in Italia dal dopogruerra a oggi", pubblicato da Editori Laterza.

Il 1977, ricorda Pittèri, è l'anno in cui, parallelamente alla fine di Carosello, avviene l'introduzione del colore alla televisione, fatti questi che forniscono una spinta ad una nuova creatività. E' il periodo in cui cambiamenti nel sistema televisivo e lo sviluppo delle tv commerciali portano all'apertura di ben 246 televisioni private (accanto a 1637 stazioni radiofoniche). Un paradiso per il mondo pubblicitario che gode ulteriormente di nuove regole relative alla lunghezza degli spot e alla possibilità di replicarli.

Ma la storia della pubblicità inizia nel lontano 3 febbraio del 1957: "...una domenica, alle 1957nove meno dieci di sera, gli italiani per la prima volta ascoltano, trasmesse dal programma nazionale della Rai, le note di un'allegra tarantella che, da quel momento in poi, li avrebbe accompagnati tutte le sere per quasi vent'anni, esattamente per 19 anni, 10 mesi e 29 giorni.". Un momento clou nella vita culturale italiana alla quale Pittèri dedicherà un ampio spazio, partendo dal clima sociale e economico degli anni del dopo guerra, passando per la nascita dell'editoria e la pubblicità radiofonica, approfondendo le tecniche linguistiche tra neologismi, destrutturazione sintattica, doppi sensi a sfondo sessuale e metafore visive.

Non poteva mancare un capitolo dedicato al rapporto tra pubblicità e mondo politico, un percorso che Pittèri inizia con il sodalizio Craxi/Berlusconi e la creazione del duopolio televisivo. Elementi questi necessari per comprendere quanto sia serrato il rapporto tra televisione e pubblicità e mette luce su un piccolo tassello del più ampio e attuale problema del conflitto di interessi.

di Daniele Pittèri
©CultFrame

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